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Por María Sánchez Puyade / 2014

Prólogo de la exposición Horror vacui de Turi Avola (fotografías)  y Elena Nieves (dibujos)  en Liberarti, Trieste, Italia. Del 29 de julio al 21 de septiembre de 2014.

Horror vacui

horror vacui(1)El 14 de julio Liberarti festeja sus primeros dos años de vida. Ha sido un período fecundo, si bien difícil: hemos aprendido el sentido y la vigencia de la “resistencia” en un país negligente, cuando no del todo inconsciente de sus riquezas artísticas, pasadas, y sobre todo, presentes.
Dos años sirven para reflexionar sobre cómo seguir adelante: hoy más que nunca nos parece oportuno detenernos en la sensación de vacío que flota a nuestro alrededor y la reacción que esto suscita: el horro vacui.
A este fin, hemos concebido el espacio en dos partes: una, dedicada al vacuum y representada por el blanco de Elena Nieves y el negro, en oposición, de Turi Avola, artistas con los que el emporio colabora por primera vez; la otra parte, inspirada en el miedo a este vacío, y por ende, dedicada al horror vacui, repleta de las obras de aquellos que han expuesto en la galería durante estos primeros dos años.

 

índiceIl 14 luglio Liberarti festeggia i suoi primi due anni di vita. Sono stati tempi fecondi anche se difficili: abbiamo imparato il senso e il vigore necessario della resistenza in un Paese negligente, quando non ignaro, delle sue ricchezze artistiche, passate, e soprattutto, presenti.
Due anni servono per riflettere su come andare avanti: oggi più che mai ci sembra opportuno soffermarci sul senso di vuoto che aleggia attorno a noi e sulla reazione che suscita: l’horror vacui.
Abbiamo pensato, così, di dividere lo spazio in due: una parte dedicata al vacuum, rappresentato dal bianco di Elena Nieves, e per opposizione, dal nero di Turi Avola, artisti coi quali in questa occasione l’emporio collabora per la prima volta; l’altra, ispirata alla paura di questo vuoto, all’horror vacui, satura invece delle opere di coloro che già hanno esposto alla galleria durante questi primi due anni.

Elena Nieves lavora col bianco. Anche se disegna con china su diverse superfici traslucide, il suo vero lavoro è nelle profondità del bianco, negli interstizi e negli strati dove si proiettano le ombre dei tratti neri: piccole orme di un qualche insetto che sembra disegnare paesaggi di montagna, fitti di vegetazione, fiumi, silenzi di neve (forse è solo un caso il suo cognome?). Queste orme, più che semplice tratto, diventano vera e propria scrittura, quasi poesia, musica. I vuoti echeggiano i silenzi: l’avvicinarsi o meno dei segni innesca la magia, la scintilla tra due parole che sembrino accostarsi per la prima volta. Eppure, in questi paesaggi di nevi immutabili che ricordano l’assenza di tempo di certe stampe orientali, in questi paesaggi si intuisce una presenza, seppure sfuggente a lasciarsi collocare: più in qua, verso di noi, oppure oltre, di là del quadro, sembra nascondersi qualcuno. Ne percepiamo solo la familiarità indefinita, ma già questo ci conforta, ci fa compagnia.

Turi Avola percorre un’altra direzione. Dal buio degli scenari concepiti attorno ad ogni sua modella, il fotografo emerge col racconto onirico e simbolico dell’esistenza.
Protagonista è il soggetto femminile, il corpo portatore di luce e di ombre, di una storia, un passato spesso intrecciato nel dolore. Ed è questo stesso corpo a raccontarsi; la sua voce sono le cose: una bambola, un piatto, una pelliccia, delle forbici. Le cose riempiono il vuoto e, nel contempo, l’esasperano. Staccati dallo sfondo, i corpi faticosamente guadagnano luce, quel poco che basta loro per non venir risucchiati dall’oscurità, ma così hanno già conquistata una forma, e con essa, innegabile, la vita, e con la vita, inseparabile, la lotta: tra il pieno e il vuoto, tra l’assenza e la presenza, tra il coraggio e la rassegnazione. E queste donne sembrano trafitte.

Assieme a tutti gli altri artisti, Elena e Turi ci aiutano a pensare il vuoto attraverso due delle estetiche che più ne rendono conto: quella minimalista, che nell’equilibrio del nulla trova la ricchezza dei significati, e quella barocca che, al contrario, riempie esuberante lo spazio per colmare ogni lacuna altrimenti percepita come mancanza di senso.
Due modi di vivere, e di considerare il vuoto, che ci spingono a vincerne un po’ la paura.

María Sánchez Puyade